lunedì 23 luglio 2012

Nereidi

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Secondo la mitologia greca le sirene erano dette Nereidi in quanto figlie di Nereus e delle oceanine: erano ricche di fascino, grazia e bellezza; ognuna di esse presiedeva ad un mare od a una parte dell'oceano che ne assumeva in qualche modo la personalità, le qualità ed anche a volte poteva rifletterne l'umore o il particolare stato d'animo.Ogni nereide aveva la sua storia, alcune divennero famose, altre dopo varie peripezie riuscirono ad acquistare l'immortalità. A differenza delle nereidi Tritone, Glauco e altri mostri marini furono generati da Nettuno e AnfitriteAncora più anticamente tuttavia le nereidi non venivano immaginate con la coda di pesce ma come ragazze con il corpo di uccello che, appollaiate in silenzio sulle rocce mediterranee, aspettavano il passaggio dei naviganti e li ammaliavano con i loro dolci canti. Essi dimenticavano mogli, figli, tutto pur di continuare ad ascoltarle: finivano tra le onde sugli scogli dove le loro ossa restavano a biancheggiare. Si diceva che le nereidi avessero occhi lucenti come gemme, corpo di uccelli e artigli da rapaci.La loro origine misteriosa veniva collegata al mito di Proserpina, la figlia della dea Cerere. Quando Proserpina fu rapita dal dio degli Inferi, Plutone, le giovani amiche della fanciulla che avevano l'incarico di vigilare su di lei, si sentirono in colpa. Sognarono di avere le ali per estendere le ricerche sul mare e, ad un tratto, videro crescere sulle loro bianche braccia, piume dorate e poi le sentirono trasformarsi in ali. I piedi graziosi erano diventati zampe con artigli. Solo la testa era rimasta uguale. Era la punizione di Cerere? La madre, pazza di dolore per la scomparsa della figlia, aveva saputo dalla fonte Aretusa, che sgorgava lì vicino, che la figlia era ormai seduta a fianco di Plutone, nelle profondità della terra.Le fanciulle erano state trasformate in qualcosa di animalesco ma conservavano la conoscenza e la memoria ed avevano avuto in dono l'eternità. Questa loro memoria sconfinata del passato le rese insensibili ai sentimenti umani ma capaci di poteri profetici. La loro conoscenza illimitata era per gli uomini incantatoria. Avvicinandosi alle loro isole ( forse tra Sorrento e Messina ) i marinai avvertivano strane vibrazioni poi voci ammalianti a cui non potevano resistere, dovevano seguirle ed era la loro rovina. Ulisse nel suo lungo viaggio le incontrò ma, avvisato da Circe, seppe superare i loro incantesimi.

Leggenda

La ninfa Teti, particolarmente venerata in Tessaglia, interviene episodicamente nelle vicende di molti mitici personaggi, ma la sua figura è principalmente quella di sposa di Peleo e madre di Achille.Era la più bella delle cinquanta Nereidi, le naiadi figlie di Nereo e Doride. Poseidone avrebbe voluto sposarla e anche Zeus l'avrebbe voluta per sé; ma siccome le Moire avevano profetizzato che il figlio di Teti avrebbe acquistato maggiore fama del proprio padre, Poseidone rivolse le sue attenzioni ad Anfitrite, sorella di Teti.Zeus scelse come compagna Era e impose a Teti di sposare Peleo, il più nobile degli uomini, il quale però faticò non poco per farsi accettare da Teti. Si appostò sulla spiaggia di un'isoletta della Tessaglia dove la ninfa era solita recarsi a cavallo di un delfino per riposarsi in una grotta, la assalì appena ella si fu addormentata ed ebbe ragione di lei, nonostante che ella si trasformasse senza posa in fuoco, acqua, leone e seppia, una seppia che inzuppò completamente il povero Peleo con un fiotto d'inchiostro.Per le nozze, che ebbero luogo sul monte Pelio, di fronte alla grotta del centauro Chirone, furono organizzati festeggiamenti grandiosi: oltre ai dodici dei dell'Olimpo assisi sui loro troni, vi presero parte le Moire e le Muse, le cinquanta Nereidi e i Centauri che reggevano splendenti torce di legno d'abete.In quell'occasione Poseidone donò agli sposi i cavalli di Achille, Balio e Xanto. Erano, questi, figli di Zefiro e dell'arpia Podarge ed erano immortali (Achille aveva un terzo cavallo, Pedaso, ma questo mortale) e furono ripresi da Poseidone dopo la morte di Achille.Secondo una delle leggende, Balio, nel suo dolore per la morte di Achille, vorrebbe fuggire la società umana, ma le Moire vogliono che serva anche a Neottolemo e lo porti più tardi nell'Elisio. Xanto nell'Iliade (XIX, 408-417) parla ad Achille predicendogli il destino di morte.Eris (la Discordia), sdegnata per non essere stata invitata alle nozze, gettò sulla tavola del banchetto un pomo sul quale era scritto "Alla più bella", che sollevò la famosa disputa per l'assegnazione del premio, che verrà poi portata sul monte Ida, dove Paride, figlio di Priamo, avrebbe fatto da arbitro, creando le premesse per la guerra di Troia.Teti cercò di rendere immortali i primi sei figli avuti da Peleo immergendone i corpi nel fuoco, ma Peleo riuscì a sottrarle l'ultimo nato, Achille, prima che la dea completasse il rito magico che avrebbe dovuto renderlo immortale. Uno dei talloni del piccino si era già bruciato e il centauro Chirone, che s'intendeva di medicina, pregato da Peleo, sostituì l'osso danneggiato, prendendo quello corrispondente dallo scheletro del gigante Damaso, che da vivo era stato invincibile nella corsa (ciò che spiega le doti di corridore di Achille "pie' veloce"); il tallone di Achille però rimase vulnerabile, a differenza del resto del corpo, perché la madre, compiendo il suo magico rito, non aveva fatto in tempo a spalmarlo solo in quel punto con l'ambrosia, che usava per renderlo invulnerabile.Un'altra tradizione più accreditata e seguita dal Rubens in un suo dipinto spiegava la vulnerabilità del tallone di Achille col fatto che Teti, che intendeva renderlo invulnerabile immergendolo nello Stige, e non nel fuoco, reggeva il bambino per un piede, che quindi rimase asciutto, quando lo tuffò nelle acque del fiume infernale.Quando, all'approssimarsi della guerra di Troia, Calcante predisse che quella città non sarebbe stata mai presa senza la partecipazione di Achille, Teti - per sottrarlo alla morte prematura che, come ella sapeva, gli era riservata dal Fato - cercò di nasconderlo mandandolo a Sciro alla corte del re Licomede e mescolandolo, irriconoscibile in abiti femminili, alle figlie del sovrano.Ma l'astuto Ulisse smascherò l'inganno e Achille volle partire per la guerra; per tutta la durata di essa la madre Teti fu al suo fianco nel dargli consigli e assistenza amorosa, e gli fornì una nuova armatura quando egli decise di tornare in campo ad affrontare Ettore per vendicare l'uccisione dell'amico Patroclo, al quale aveva ceduto le armi dategli dal padre Peleo.Morto Achille, Teti raccolse le sue ceneri insieme a quelle di Patroclo in un'urna che, forgiata da Efesto, le era stata donata per le sue nozze, e guidò l'anima del figlio alla boscosa isola di Leuca, di fronte alle foci del Danubio. Poi si recò nel luogo del suo primo incontro con Peleo e lo portò con sé negli abissi, dove avrebbe ottenuto l'immortalità anche per lui. Sennonché egli l'abbandonò per raggiungere la terra dei Molossi, dove sperava di rintracciare Neottolemo, il figlio di Achille, e perse irrimediabilmente quella possibilità: fece naufragio e morì presso l'Eubea.Come detto all'inizio, ritroviamo Teti in molte altre leggende. Recò aiuto, per esempio, agli Argonauti, guidandone la nave Argo oltre le rocce infocate delle Simplegadi (le isole vulcaniche di Lipari) verso lo stretto di Messina.Accolse nella sua grotta marina Dioniso che, inseguito dagli uomini di Licurgo, re degli Edoni, si era gettato in mare. Soccorse anche Teseo che, tuffatosi in mare per ripescare l'anello gettatovi da Minosse (dimostrando in tal modo di essere figlio di Poseidone), non solo recuperò l'anello, ma riemerse dalle acque con un dono in più da parte di Teti: la corona d'oro datale come regalo di nozze da Afrodite, che più tardi verrà indossata da Arianna.Fu ancora Teti a liberare Zeus, che era stato legato al letto con lacci di cuoio annodati cento volte dagli altri dei, stanchi della sua superbia: temendo lo scompiglio che si sarebbe prodotto sull'Olimpo per stabilire a chi spettasse il trono di Zeus, Teti chiamò il centimane (Ecatonchiro) Briareo, che sciolse velocemente tutti i nodi, liberando Zeus.Riporta infine Omero che Teti e la ninfa Eurinome raccogliessero il piccolo Efesto, scaraventato in mare dall'Olimpo da Era, quando si era resa conto di aver dato alla luce un esserino gracile e bruttino.Nella grotta sottomarina delle due ninfe, Efesto prese a fabbricare per loro ogni sorta di splendidi monili; ammirando una spilla indossata da Teti, Era venne a conoscenza delle prodigiose capacità di quel figlio che aveva tanto disprezzato; lo ricondusse pertanto nell'Olimpo, gli allestì una fucina con ben venti mantici che soffiavano notte e giorno e lo maritò ad Afrodite.

I Folletti

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La loro origine risale ai tempi dell'antica Roma, quando si veneravano due divinità, i Lari e i Penati.E' il genio familiare che frequenta le case e le stalle; servizievole e sollazzevole, scherza con tutti, strappa le coperte a chi dorme, intreccia la criniera dei cavalli, insomma, scherza in tutti i modi... ma è generalmente benevolo e di buon augurio.Deve essere ritenuto fortunato, chi riesce a strappargli il berrettino, perchè con quel pegno potrà costringere il folletto a rivelare il luogo del tesoro.Ma alcune tradizioni, gli assegnano un carattere mostruoso(piede biforcuto o speronato) e insegna a difendersi dalle sue bizzarrie più pericolose.I folletti non hanno poteri magici ma conoscono arti arcane.Amano gli animali, cavalcare le rane.Secondo la tradizione popolare, i folletti rapivano i bambini non battezzati.Si dice che il bambino venisse rapito da una donna folletto, e la madre avrebbe trovato al suo posto un folletto vecchio che non parlava, ma che faceva solo dei gemiti striduli.Se invece, la madre del bimbo rapito fosse riuscita a far parlare il vecchio folletto terrorizzandolo, allora il folletto sarebbe dovuto tornare nel mondo dei folletti e riportare il bambino rapito alla sua mamma.

Il LEPRECAUNO:

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Vivono in Irlanda nelle fattorie e nelle cantine. Sono molto piccoli, meno di un metro; hanno naso lungo a patata, barba a punta e capelli lunghi.Indossano un mantello rosso con sette bottoni per fila e cappello ricurvo.Amano bere e fumare. Molti umani lasciano a questi folletti un bicchiere di latte.

I PUKA (o POOKA):

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Vivono in Irlanda, abitano tra le rovine e le case abbandonate.Prendono diverse sembianze, prendono la forma di capra, toro, cavallo,asino o aquila.Sono molto dispettosi; prendono a calci le giovani donne, rapiscono i bambini perchè si divertono a farli piangere. Si divertono a trasformarsi in cavalli per essere cavalcati, e dispettosi galoppano tra le spine, lanciando dopo una corsa furibonda, l'umano che li cavalcano in una rupe.

I PIXIES:

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Vivono in Inghilterra e Cornovaglia. Queste creature dei boschi allegre e gioiose sono folletti verdi gracili, con la testa grossa. Hanno capelli rossi folti, occhi fosforescenti, orecchie a punta e bocca carnosa.Sono molto golosi, si nutrono di latte di pecora e di tutte le cose che riescono a rubare.Possono essere anche dispettosi; si divertono a far perdere l'orientamento ai viaggiatori e a rubare. Si dice che Quando un PIXIES ti fa visita nella notte è usanza lasciargli una moneta come ricompensa. La loro visita però deve rimanere segreta o loro non saranno mai generosi con noi...

I FOLLETTI DEL MARE:

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Meno conosciuti infine, Vestiti di Azzurro, che compaiono nei riflessi delle onde, cavalcano i Delfini e vivono nascosti sulle navi, e quando decidono di farsi vedere aiutano i marinai, restando in loro compagnia a bere RHUM e raccontarsi storie di Naufraghi . Sono in grado di avvistare pericoli prima degli Uomini e aiutano nelle tempeste.

Il Violinista e Il Ballo Delle Streghe

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Una notte, un pastore di Fornovolasco, che era anche un bravo violinista, venne svegliato da due donne che lo portarono ad una festa a "Pian delle Noci".

Appena fu li' il pastore violinista si rese conto di essere circondato da streghe, e quando inizio' a suonare queste si misero a danzare come folli.
Nel mezzo di questo ballo forsennato, di tanto in tanto le streghe gettavano delle monete al violinista.

Questo duro' fin verso le quattro, quando poi le streghe si allontanarono svanendo nell'aria. Allora l'uomo torno' a casa, e si mise a dormire, ancora frastornato per l'accaduto.

Il mattino dopo, a mente piu' lucida, decise di contare le monete gettategli dalle streghe, ma si accorse amaramente che eran diventate tutte sterco di capra.

La Leggenda Di Atlantide

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Le leggende sull'esistenza di civiltà millenarie, scomparse in seguito ad un grande cataclisma, si ritrovano nelle mitologie delle antiche popolazioni di tutta la Terra. Il primo a parlare di Atlantide è Platone. Nel suo Timeo ci racconta dei viaggi di Solone in Egitto, dove i sacerdoti lo mettono a conoscenza di una guerra combattuta millenni prima tra gli antenati degli Ateniesi e gli Atlantidei.

Atlantide, 9500 a.C.

Nel centro dell'oceano Atlantico c'è una grande isola, una sorta di monarchia confederata i cui dieci sovrani governano molti paesi. I domini si estendono a varie regioni dell'Africa, dell'Egitto, dell'Europa e del Sud America. La capitale di Atlantide è una grande e splendida città, un grande porto sul mare il cui sistema di difesa consiste in alcuni cerchi concentrici con accessi sfalsati l'uno rispetto all'altro, con altrettanti grandi canali circondati da alte mura d'acciaio. Inattaccabile per gli uomini, ma non per le forze della natura: un grande cataclisma la sprofonda nell'oceano. La caduta di Atlantide provoca un imbarbarimento delle province confederate, dalle cui rovine nascono le civiltà oggi conosciute. Fin qui Platone. Solo nel XVI secolo si ricomincia a parlare di una possibile origine atlantidea delle civiltà sudamericane appena scoperte da Cristoforo Colombo, civiltà le cui leggende parlano di un grande cataclisma avvenuto, all'incirca, nella stessa epoca in cui il filosofo greco colloca i suoi racconti.

Leggende parallele

Un'antica leggenda messicana narra dell'isola di Aztlan, situata nell'Atlantico, che gli abitanti dovettero abbandonare perché stava sprofondando nell'oceano. I superstiti, che ne avevano preso il nome, si facevano chiamare Aztechi, ovvero abitanti di Aztlan. India, 1870. Il colonnello inglese James Churchward, appassionato di archeologia, scopre in un tempio molte tavolette scritte in una lingua estremamente antica. Il sommo sacerdote rivela a Churchward che si tratta di tavolette sacre perché scritte dai Sette Fratelli, detti "Naacal". Venuti dal continente Mu a portare le scienze, la religione e le sacre scritture. Secondo queste tavolette, l'uomo fece la sua comparsa per la prima volta proprio sul continente Mu, ora sprofondato nell'oceano Pacifico in seguito ad una grande catastrofe. Impossibile non notare delle analogie tra i Naacal e il dio egizio Thot. E altrettanto numerosi sono i punti di contatto tra le civiltà del Sud America e l'antico Egitto: le piramidi, particolari tecniche di costruzione murarie, la tecnica dell'imbalsamazione, la divisione dell'anno in 365 giorni. Si tratta di due civiltà distinte o di un solo grande popolo? Secondo alcune teorie, Mu era un grande continente situato nell'oceano Pacifico. Popolato da diverse razze, il potere era in mano ai bianchi, che adoravano un unico dio indicato con il nome fittizio di "Ra il Sole". Gli abitanti di Mu colonizzarono gran parte del Sud America e arrivarono fino all'Asia centrale e all'Europa dell'est. Poi, circa 13000 anni fa, in seguito ad immense eruzioni vulcaniche, Mu si inabissò provocando un maremoto di tale portata che sconvolse l'intero pianeta. In seguito, tale sorte toccò anche ad Atlantide.

Teorie sulla leggenda

Le ultime teorie sull'esistenza di Atlantide e Mu, propendono per due civiltà distinte e a sé stanti. Su Mu, oltre a quanto ipotizzato da Curchward, non sappiamo molto, mentre per quanto riguarda Atlantide le ipotesi sono numerose. Secondo una teoria, i fatti narrati da Platone non si riferiscono a 9000 anni prima, ma solo a 900, cioè al 1450 a.C., quando l'esplosione del vulcano dell'isola di Santorini, allora chiamata Thera, ne provocò il parziale inabissamento, generando onde di maremoto che colpirono l'isola di Creta, distruggendone la civiltà e lasciando segni sul territorio visibili ancora oggi. Questa teoria, però presenta molte lacune, oltre a non spiegare come i popoli del Sud America potessero conoscere fatti accaduti nel mare Mediterraneo. Un'altro studio pone Atlantide nell'attuale altipiano subacqueo sul quale si trovano le isole Azzorre, luogo che corrisponderebbe alla descrizione fatta da Platone di un'isola con una catena montuosa e una vasta pianura irrigata. Ricerche effettuate nei fondali hanno effettivamente portato alla luce quelli che sembrano i resti di antiche opere dell'uomo. Questa teoria, inoltre, si fonda sui rilievi geologici effettuati alla base della catena montuosa sommersa nord atlantica, che risulta essere composta in prevalenza di basalto. Questo tipo di roccia, in prossimità degli oceani, tenderebbe a sprofondare mentre i continenti più antichi, composti in prevalenza di granito, avrebbero basi molto più solide.

Un mito tra i ghiacci perenni

Secondo un'altra recente teoria, invece, i resti di Atlantide sarebbero in Antartide, continente che un tempo si sarebbe trovato più a nord e, almeno in parte, libero dai ghiacci. Attraverso i millenni, la forza centrifuga generata dalla rotazione del pianeta, unita al peso di miliardi di chili di ghiaccio vicino a uno dei poli, potrebbe avere provocato uno slittamento di parte della crosta terrestre. A sostegno di questa teoria che, tra gli altri, Einstein dichiarò «tutt'altro che improbabile», esisterebbero delle prove. Il più recente movimento della crosta terrestre sembra essere avvenuto tra il 15000 e il 10000 a.C, periodo in cui gran parte del continente nordamericano era ricoperto dal ghiaccio. Con il finire della glaciazione, miliardi di chili di ghiaccio si sciolsero provocando l'innalzamento del livello dei mari e l'assestamento della crosta terrestre, non più gravata da un tale peso. In seguito a tali movimenti, l'Antartide si sarebbe potuta "spostare" quel tanto che basta perché i ghiacci la ricoprissero completamente. Le rovine di un'antica civiltà si troverebbero quindi sotto ai ghiacci del Polo Sud. Immagini satellitari mostrano conformazioni stranamente circolari nell'Antartide occidentale. Si tratta, probabilmente, di crateri vulcanici, anche se alcune analisi indicano la presenza di una forte concentrazione di ferro, particolare interessante visto che Platone ci riferisce che le mura circolari della città erano di metallo.

Atlantide in un lago?

Un'altra interessante teoria è quella secondo cui, nella disputa tra i geologi e i ricercatori favorevoli all'ipotesi Atlantide avrebbero ragione sia gli uni che gli altri. In poche parole, sarebbero nel giusto tanto i geologi nell'asserire che non esistono continenti sprofondati nell'oceano Atlantico, quanto Platone nell'affermare che Atlantide si trovava oltre le Colonne d'Ercole: secondo questa teoria, infatti, Atlantide sarebbe da collocarsi in Sud America. E, ovviamente, non sarebbe sprofondato l'intero continente ma solo Cerne, la capitale di Atlantide che si trovava in un'isola vulcanica situata al centro dell'antico lago Popoo, nell'altipiano centrale della Bolivia. Rilevamenti satellitari mostrerebbero una conformazione rettangolare, perfettamente livellata, circondata da un paesaggio simile a quello che descrive Platone. Tanto che sarebbero tuttora identificabili i letti dei canali e le mura circolari di difesa della città. Inoltre nella zona sarebbero presenti i minerali che, secondo quanto riferito dal filosofo greco, erano la ricchezza della enigmatica civiltà: oro, argento, rame e il misterioso oricalco. Insomma, le teorie su Atlantide sono talmente tante che il continente e stato situato un po' ovunque ma, a tutt'oggi, non è ancora stata trovata una sola prova certa che sia esistito.

L'ira degli dei, la forza della natura

Secondo le leggende, ci fu un tempo in cui le civiltà di Atlantide e di Mu divennero talmente potenti da mettersi in competizione con gli dei che, per punizione, ne provocarono la distruzione. Non ci sono prove che Atlantide e Mu non siano altro che un mito. In passato gli accademici ne hanno sempre avverso l'esistenza, anche per non mettere in discussione la data della creazione del mondo secondo la Genesi, calcolata Del 3760 a.C. Oggi, secondo la scienza ufficiale, sul fondo degli oceani non ci sono tracce di cataclismi di tale portata. Ma, anche se ciò fosse vero, resta comunque da spiegare come mai nei miti e nelle leggende di tutte le civiltà si parla dei superstiti di un antico popolo la cui terra è stata distrutta da un cataclisma.

Il libro di Mormon

Pubblicato nel 1830, il Libro di Mormon rappresenta una vera a propria seconda Bibbia per la setta dei Mormoni. Narra dell'incontro avvenuto nel 1815 tra Joseph Smith, un contadino quindicenne dell'Ontario e l'angelo dal nome Moroni, che gli mostrò il nascondiglio di alcune antiche tavole scritte in una lingua ignota. Smith, grazie all'ispirazione dell'angelo Moroni, riuscì a tradurre completamente le iscrizioni contenute nelle tavole, nelle quali si narra di un cataclisma che interessò tutte le terre, provocando la distruzione e l'inabissamento di molte città e di interi popoli, i cui superstiti trovarono rifugio in quello che chiamarono "il paese di Abbondanza". Sempre secondo Smith, giunti in questa nuova terra fondarono templi e città, tra cui Palenque e Machu Picchu. Anche se nel testo Atlantide e Mu non sono mai menzionate, le analogie risultano evidenti. Oggi la Chiesa dei Mormoni conta in tutto il mondo oltre dodici milioni di fedeli residenti soprattutto negli Stati Uniti d'America.

Alcune ipotesi su Mu

II primo a supporre l'esistenza di un antico continente situato tra il Madagascar, Ceylon e Sumatra, fu P.L Sclater nel 1850 circa. Tale idea gli fu suggerita dalle affinità zoologiche esistenti tra le specie che vivono in territori separati da migliaia di chilometri di oceano. Evidentemente, secondo Sclater, un tempo doveva esistere una terra che aveva reso possibile la diffusione delle specie animali in un'area così vasta. Sclater, che basava la sua teoria principalmente sui lemuri, chiamò tale continente Lemuria. II naturalista Wallace, invece, collocava Lemuria tra l'Australia, la Nuova Guinea, le Isole Salomon e le Fiji. In quegli anni erano molti gli studiosi che concordavano sull'esistenza di un continente, ora sommerso, un tempo situato nel Pacifico. Solo non sapevano dove collocarlo. Nella disputa, che continuò negli anni, entrarono anche altri personaggi e altre teorie. Secondo la Teosofia il continente di Lemuria sarebbe stato la dimora della Terza Razza Madre e la culla dell'umanità. Le ricerche sui fondali effettuate con le moderne tecnologie non hanno però fornito nessuna risposta definitiva.

mercoledì 18 luglio 2012

Costellazione Dell' Indiano

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IL NOME
L'indiano è una debole costellazione dell'emisfero Sud della sfera celeste, introdotta dai navigatori olandesi durante il 1500 ed inserita per la prima volta in un catalogo da Johann Bayer nel 1603. Come tutte le costellazioni introdotte in questo perioro, non esiste una mitologia legata all'asterismo, che rappresenta gli indiani d'America. Si ritiene che questi indiani siano quelli incontrati da Magellano nel secolo XVI nella Terra del Fuoco.

OSSERVAZIONE
La costellazione si trova a Sud Ovest della Gru e la sua stella più brillante si rintraccia sullo stesso parallelo della stella alpha della Gru.
Passa in meridiano tra fine agosto ed inizio settembre ma a causa della bassa declinazione risulta visibile parzialmente soltanto al di sotto del 45° parallelo.

I CORPI CELESTI
L'indiano è una costellazione poco brillante sia dal punto di vista stellare che del contenuto di corpi non stellari.
Alpha è una gigante o subgigante arancione che forma un sistema triplo insieme a due compagne di magnitudine, rispettivamente, 12 e 13,5. La sua magnitudine è invece di 3,11.
Epsilon non è di certo importante per tanti aspetti, avendo una magnitudine che sfiora la quinta, ma con i suoi 11 anni luce di distanza è la sesta stella visibile più vicina al Sole dopo Alpha Centauri, Sirio, Epsilon Eridani, 61 Cygni e Procyon.
Delta è un sistema doppio con compagne di magnitudine 5,3 mentre Theta è un altro sistema doppio le cui compagne hanno magnitudini pari a 4,5 e 7.
Dal punto di vista non stellare, invece, si annoverano circa 4 galassie minori, delle quali tre spirali e una irregolare. Soprattutto IC 5152 è una galassia - irregolare - membro del Gruppo Locale di galassie.

Tracey Hewat - Firelands

Questa bellissima song mi è stata consigliata da mia sorella arwen e devo dire che e veramente bella la dedico a tutti i miei lettori




You cant believe the historys real
Come with me to the firelands
You make me feel
The risk of the night
Stay with me in the firelands

Can you tell me 
If you love me
Do you light fairies along the sky
Can you give me
Storms and sunshines
Stay with me in the firelands

You make me feel
My historys real
Stay with me in the firelands
You cant believe the risk of the night
Come with me to the firelands

Can you tell me
If you love me
Do you light fairies along the skies?
Can you give me
Storms and sunshines
Stay with me in the firelands

venerdì 13 luglio 2012

Il Sogno Di Una Farfalla

La legge dei bruchi spiega che tutti i bruchi sono uguali, ma Cara, vedeva così tante differenze… Ognuno con i suoi colori, le sue forme, in realtà in tutto il pianeta dei bruchi non esisteva un bruco uguale a un altro. Anche se due bruchi potevano sembravare uguali, quando Cara si concentrava riusciva a trovare le differenze anche tra due gemelli, perché alla fine delle differenze c‘erano sempre. E allora perché volevano che si vestissero tutti uguali, che si lisciassero il pelo tutti nello stesso verso, che mangiassero tutti le stesse cose? Cara diceva tutto questo alla maestra, la quale rassegnata la lasciava parlare senza darle importanza. Uffa! Nessuno le dava mai ascolto… o parlava di quello di cui parlano di solito i bruchi o niente, anche gli argomenti dovevano essere tutti uguali, certo nessuna legge lo specificava, ma era così, visto che nessuno voleva mai parlare di qualcosa di diverso dal nuovo colore di bruco che andava di moda quell‘anno. Che noia… per ammazzare il tempo Cara leggeva storie sulle farfalle. Ah! Le storie sulle farfalle erano le sue preferite, gli altri bruchi la prendevano in giro: „Cara vuole diventare una Farfalla! Cara dove hai lasciato le ali stamattina? “Ma Cara non gli dava importanza, loro certe cose non le capivano, a loro non interessa altro che essere il bruco più colorato, avere una foglia tutta loro da brucare o avere un bruco con cui brucare. Cara invece sognava di volare, sognava macchie di colori invece che ordinate righe colorate, in fondo si sentiva anche un po‘ superiore agli altri, le cose che immaginava lei in pochi minuti, erano molto più divertenti di tutto quello che facevano di interessante gli altri bruchi per intere settimane. Una volta in un libro Cara trovò una vecchia leggenda che diceva che un tempo tutti i bruchi diventavano farfalle, oh non sarebbe meraviglioso se fosse vero? Perfino la mamma e il papà quando Cara parlava di diventare una farfalla e delle antiche leggende non facevano che ridere. Non lo facevano con cattiveria, solo che per loro parlare di farfalle era davvero inconcepibile. La mamma alle volte si preoccupava, perché sua figlia non voleva essere un bruco come tutti quanti? Perché sua figlia era sempre insoddisfatta?Alle volte Cara piangeva, quando pensava al fatto che non avrebbe mai volato, mai avuto le ali, si chiudeva nella sua tana col suo barattolo di foglie essiccate e si abbuffava, e allora un po‘ di buonumore ritornava. Chiudeva gli occhi e iniziava a immaginare di muoversi come una farfalla, ma non era affatto facile strisciare per terra con le movenze di una farfalla. Rotolava, si dimenava ma era tutto inutile. Qualche volta Cara tentava di uscire con gli altri bruchi, voleva integrarsi, non parlare più di farfalle e vedere che effetto faceva. Ma si sentiva solo una farfalla senza ali che parlava con dei bruchi che non avevano nemmeno idea di cosa sia il volo. Niente, non c’era niente da fare, poteva solo essere un bruco, e continuare a brucare con tutti gli altri per tutta la vita. Solo che l’idea di brucare e basta era senza senso per lei, così piangeva e mangiava foglie essiccate quando nessuno la vedeva. Sigh! Alle volte era veramente troppo triste. Un giorno decise che triste per triste, conveniva rinunciare alla sua foglia sicura e alla pappa preparata dalla mamma. Tanto tutto questo non la rendeva comunque felice. Litigò tanto con i suoi genitori, ma alla fine ottenne il permesso di fare un viaggio. Cara voleva vedere il pianeta dei bruchi con i suoi occhi, chissà se da qualche parte c’era davvero un bruco uguale a lei, chissà se da qualche parte i bruchi erano davvero tutti uguali. Partì col suo piccolo bagaglio e i risparmi di quello che non aveva speso dalla sua paghetta e andò un po’ in giro. Non tutte le foglie erano comode come quella dei suoi genitori, e elle volte la famiglia le mancava, però imparò tante cose, le regole non erano uguali in tutti i paesi dei bruchi. E andando in giro, alle volte incontrava bruchi che avevano viaggiato più di lei, bruchi che si interessavano di tante cose, e qualcuno sognava anche di volare. In alcuni paesi esistevano musei del volo, e un anziano bruco incontrato una volta su uno stagno, raccontava di aver visto in gioventù un gruppo di farfalle volare tutte insieme, ed ognuna aveva le ali di colore diverso. Cara rimaneva ad ascoltare il vecchio bruco per ore intere, lei non aveva mai nemmeno pensato che le farfalle potessero avere le ali di colori tutti diverse tra loro. Ah… era tutto così affascinante! Piano piano Cara iniziò a chiedersi come facevano i bruchi delle leggende a diventare farfalle. E raccogliendo informazioni qua e là iniziò a farsene un’idea. Chi diceva che un bruco dovesse morire per diventare farfalla, chi diceva che dovesse dormire e chi concentrarsi … Chissà se un bruco sa quando diventa farfalla o lo diventa per caso? Il vecchio bruco diceva che si diventa farfalle solo quando uno sa così tante cose del volo da imparare a volare anche senza avere le ali. E questa soluzione sembrò a Cara la più convincente, inizio quindi a studiare, a raccogliere materiale, e ben presto il volo non fu più solo una fantasia ma qualcosa che sembrava sempre più concreto. Ora quando imitava il movimento di una farfalla, forse non riusciva comunque a farlo, ma almeno nella sua testa conosceva le più piccole sfumature dei movimenti che c’erano da fare. Lei ce la metteva tutta per imparare tutto sul volo, e alle volte era veramente estenuante, era difficile trovare nuove informazioni, e soprattutto difficile trovare da mangiare, i soldi della paghetta ormai erano finiti, Cara cercava di non spendere niente, ma era un’impresa quasi impossibile. Una sera mentre immaginava di volare Cara si addormentò per terra al freddo, senza una coperta, ma nemmeno se ne accorse, era troppo presa a volare, quel sogno durò molto a lungo, e il freddo le indurì le membra. I vecchi amici che la trovarono in quella situazione ebbero paura, tentarono di svegliarla, di sbloccarla, e temettero per la sua vita. Intorno a lei si era creato un bozzolo e tutti credettero fosse morta. Invece Cara si risvegliò, ruppe il suo bozzolo e ne uscì fuori più bella di prima. Era così felice, adesso aveva un paio di ali coloratissime. Andò a cercare tutti i suoi amici per salutarli, e raccontargli tutto, ma gli altri non la vedevano. Lei urlava, li chiamava, bussava alla loro porta, ma nessuno la sentiva, solo il vecchio bruco disse che gli sembrava di aver visto qualcosa volare via da casa sua, ma nessuno gli credette mai. Cara era felice ma al tempo stesso disperata, era come se lei non esistesse più. Ora poteva volare certo, ma sarebbe rimasta sola per sempre? Volò via disperata e sola, ormai si era rassegnata, quando improvvisamente alcune farfalle le vennero incontro. No che non era sola, quello era il mondo delle farfalle, purtroppo però i bruchi non riuscivano a vederlo. Ma chi erano tutte quelle farfalle? Erano sempre state così o come lei un tempo erano state bruchi? La portarono dalla farfalla anziana, la vecchia Lepidottera, e a lei Cara rivolse tutte le sue domande. Lepidottera le accarezzò la testa e con dolcezza rispose che sempre meno farfalle venivano dal mondo dei bruchi, perché i bruchi stavano dimenticando col tempo che cos’era il volo. Che ogni bruco ha sempre avuto la possibilità di diventare farfalla, ma spesso si accontentano di brucare la loro foglia e non vogliono altro…

mercoledì 11 luglio 2012

Le Fate In Italia


In Italia esistono molte località nelle quali si dice vivano le fate. Si tratta per lo più di luoghi montagnosi o di valli rigogliose, i cui abitanti si tramandano oralmente ormai da molto tempo leggende che parlano di fate e piccoli esseri fatati. A Catenaria di Casentino, ad esempio, si narra che un tempo un giovane contadino di quel luogo stava arando i campi quando una fata, vedendolo, perse la testa per lui. Il giovane, accortosi della strana presenza, notò la fata e subito anche lui si innamorò di quella splendida creatura. Per un maldestro scherzo del destino, però, la fata diveniva una splendida fanciulla per tre giorni mentre i successivi tre era costretta ad assumere le sembianze di uno spaventoso serpente. Nei giorni in cui aveva forma animale, la fata cercava comunque di stare sempre vicina al giovane, strisciando lungo il solco che egli, con l'aiuto dei buoi, giornalmente scavava. Accadde, dopo un po' di tempo, che il giovane dovesse allontanarsi dal paese per un paio di giorni. Lasciò al fratello il compito di arare la terra e gli raccomandò di non scacciare quella strana biscia che seguiva sempre i buoi, perché non gli avrebbe fatto alcun male. Il fratello seguì le istruzioni del giovane fino a che, l'ultimo giorno, il rettile, alzando la testa, si rese conto che non aveva di fronte l'amato, ma uno sconosciuto. Inferocito, spalancò le fauci e si avventò sul ragazzo che, preso dallo spavento, scacciò la bestia con un bastone. Il serpente scappò nel bosco… Al ritorno, il giovane contadino fu messo a conoscenza dei fatti e, non appena giunto sul luogo dell'accaduto, tentò in ogni modo di far tornare la fata amata ma… invano. Deluso ma sempre innamorato, decise di rimanerle fedele per sempre e venne colto dalla morte durante il sonno... proprio davanti alla grotta dove l'aveva conosciuta.
In Valstagna, presso il lago Subiolo, un giovane falegname stava rincasando quando venne attratto da degli strani canti. Avvicinatosi al lago vide delle fate danzare al chiaro di luna. "Vieni con noi - gli dicevano - tu non hai mai provato la felicità che ti offriamo, vieni a danzare con noi finché splende la luna..." " No, no - rispose il giovane terrorizzato - laggiù c'è l'acqua e se scendo annegherò." " Hai paura? - gli chiesero le Fate ridendo - allora guarda, l'acqua è sparita vieni!" Con sgomento il falegname notò che il fondo del lago si era inspiegabilmente prosciugato. Le fate, allora, lo invitarono nuovamente. "No, no! "- ripetè il giovane. "Non vuoi? - le Fate ripresero - ebbene perché tu abbia a ricordarti di noi, t'offriamo una grazia: chiedi!" Ed egli tremante domandò: "Che io possa con le mie mani eseguire qualunque lavoro d'intaglio." "Concessa - si sentì rispondere - ma non sarai mai ricco!" Fu così che da allora il falegname divenne in grado di realizzare meravigliose opere di legno che eseguì per le chiese di altri paesi. Come avevano predetto le fate, però, morì completamente povero.
Esistono, inoltre, numerose località che hanno il nome legato alle fate. In Abruzzo vi è un'altura chiamata "Colle delle Fate". La gente del luogo assicura che di tanto in tanto si possono osservare le piccole fate uscire dai due pozzi situati sopra il colle. A Muzzano esiste la Roccia delle fate, un luogo presso il quale si dice che ci sia un serpente magico a guardia di un misterioso tesoro: il Tesoro dell'Elf, nome che riconduce all'inglese Elf. In provincia di Teramo esiste un gigantesco macigno che sbarra l'entrata di una grotta. Si crede che tale grotta sia abitata da una fata che tesse in continuazione. A Palermo c'è il cosiddetto "cortiggiu di li setti fati", ovvero "cortile delle sette fate". Si narra che presso tale cortile alcune notti compaiano sette stupende fate. Esse rapiscono una persona temporaneamente, facendole provare esperienza fantastiche. All'alba riportano il fortunato all'interno del cortile e scompaiono.

Le fate di Cottingley


Cottingley- luglio 1917. Due ragazzine, Elsie Wright e Frances Griffiths, tornano a casa tutte bagnate. Ai rimproveri dei genitori rispondono, spiegando di essersi maldestramente sporte troppo presso un ruscello per osservare meglio le fate. Additate e trattate da bugiarde, chiedono in prestito la macchina fotografica del padre di Elsie per provare la loro sincerità. Tornano a casa con una foto che ritrae Elsie circondata dal 4 fate danzanti. Nel Settembre dello stesso anno fanno vedere un altro scatto ai genitori: soggetto dell'immagine, questa volta, è Frances in compagnia di uno gnomo. La madre di Elsie, teosofa, decide allora di presentare le foto alla Società Teosofica di cui fa parte. Le foto delle 2 bambine cominciano a circolare alimentando un dibattito che continua ad infuriare da parecchi decenni. Le foto arrivano anche sotto gli occhi di Conan Doyle (1852-1930), esponente del positivismo nonché padre creatore del celeberrimo Sherlock Holmes. Lo scrittore, attivo spiritista ed appassionato di fenomeni paranormali, sposa la causa delle due bambine dello Yorkshire e prende le loro difese. Egli pubblica dapprima 2 articoli per la rivista "Strand" ed, in seguito, un libro intitolato "The Coming of the Fairies", "La venuta delle Fate". Lo scritto, però, sarà edito in Italia solamente nel 1992 a cura di SugarCo. Nel 1920, intanto, le due bambine scattano altre 3 foto alle fate di Cottingley. Doyle replicò pubblicamente alle accuse che venivano mosse dagli esperti di fotografia alle foto scattate dalle due bambine, affermando: "L'obiezione che merita più attenzione è quella che si tratta di figurine accuratamente ritagliate e sospese con fili invisibili nella fotografia. Questa spiegazione è concepibile ma il peso della probabilità mi sembra ampiamente contro di essa. 1) Frances, la ragazza più giovane, ha scritto nel 1917 che Cottingley era un bel posto per le sue farfalle e per le sue fate. Questa lettera venne spedita ad una sua amica in Sud Africa e non venne scoperta prima del 1923. Per quale possibile ragione una bambina di 10 anni avrebbe dovuto esprimersi in questo modo se avesse saputo che si trattava di un inganno? 2) Se le figure fossero state ritagliate le stesse figure o simili dovrebbero esistere su qualche libro o giornale. Ma non sono state trovate. 3) C'è una grande differenza nella solidità tra le figure del 1920 e quelle del 1917 che può essere spiegata con la diminuzione dei poteri medianici delle bambine, ma non si spiega con l'ipotesi di un falso. 4) Gli esperti hanno notato segni di movimento nelle figure." Recentemente le foto sono state esaminate attentamente e si ritiene che siano dei falsi: le bambine avrebbero semplicemente collocato sui prati di Cottingley delle fate di cartone che poi avrebbero fotografato. Piccola curiosità: le fate della foto del Luglio 1917 ricordano un disegno tratto da un libro per bambini del 1914 a cui aveva contribuito lo stesso Doyle, acceso sostenitore della veridicità del fatto. "The British Journal of Photography" ha intervistato, tra il 1982 ed il 1983, Elsie e Frances. The British Journal of Photography" ha intervistato, tra il 1982 ed il 1983, Elsie e Frances. Elsie afferma che si trattava solo di uno scherzo sostenuto per anni per non infangare la figura della madre, teosofa, e quella di Doyle. Frances, invece, dice che le prime 4 fotografie sono dei falsi ma che la quinta è una "vera fotografia di vere fate". Frances crede nelle fate e conferma di averle incontrate. Aggiunge che nessuno avrebbe creduto alla loro esistenza se, attraverso le prime quattro fotografie, non avessero corredato di PROVE FALSE una STORIA VERA. In ogni modo…. Sta a voi crederci o meno osservando attentamente le foto che troverete nella nostra "galleria immagini".

Fate In Festa


Le fate sono grandi amanti della musica e spesso danzano intorno ai funghi alla luce della luna, accompagnate dalla musica di flauti ed arpe. Si crede che molte canzoni popolari scozzesi siano state composte proprio dalle fate e che poi da loro siano state insegnate ai pochi fortunati che, attratti nel Regno delle Fate da quelle magiche melodie, tornarono nel nostro mondo. Durante le notti estive spesso le fate organizzano feste danzanti o serate di giochi. Esse amano giocare al chiaro di luna con una palla d'oro o ballare in cerchio. Ma attenzione! Se vedete un cerchio composto da fate non fatevi attirare dalla musica! O sarete costretti a prendervi parte ed a ballare sino allo sfinimento! Anche se, una volta entrati, sembra che le danze durino per qualche ora, in realtà la durata, rapportata al tempo degli umani, è di circa sette anni. L'unico modo per uscire dal cerchio è quello di essere salvati da un amico che, prestando attenzione a non rimanere prigioniero lui stesso, si sporga e vi trascini via. Da molto tempo il Popolo Fatato lascia numerose tracce delle sue baldorie notturne. Il mattino dopo una delle suddette feste sul prato appaiono misteriosi cerchi perfetti, i cosiddetti "anelli delle fate". Alcuni di questi anelli esistono veramente e sono visibili in Europa e nell'America Settentrionale. Il loro diametro varia da pochi centimetri a 60 metri. Gli scienziati affermano, però, che tali cerchi sono provocati da una specie di funghi, i Basidomicetes. I giorni propizi per incontrare le fate sono:

" Capodanno "
1 Febbraio
25 Marzo
1 Aprile
1 Maggio
1 Agosto
23 Giugno
Notte tra il 23 Giugno ed il 24 Giugno
Vigilia Di Ognissanti
Vigilia di Natale
Natale
Pentecoste
Solstizi: 21 Marzo- 21 Giugno- 23 Settembre- 21 Dicembre

Gli alberi delle fate


Se vi capita di passeggiare di notte in un bosco, passando accanto ad un albero potrebbe accadervi di trovarvi le braccia piene di lividi provocati dai tremendi pizzicotti delle piccole dita di una fata. Esistono, infatti, alcuni alberi che sono dimora di comunità fatate e che i piccoli esseri difendono strenuamente. Essi sono:  

LA BETULLA 

La betulla è abitata da uno spirito detto "mano bianca". Se "la mano bianca" si poggia sulla testa di un passante, vi lascia impresso un segno bianco che provoca disturbi psichici (pazzia, ad esempio). Se invece la "mano" si poggia sul cuore, il contatto sarà mortale.

IL FRASSINO

Il frassino è stato sempre conosciuto per i suoi legami col mondo magico. Le bacchette dei druidi venivano, infatti, spesso ricavate dai rami di tale albero. Nell'antichità i bambini malaticci venivano fatti passare attraverso un albero di frassino spaccato in due. Poi le due parti dell'albero venivano ricongiunte tramite delle fasce. Solo qualora il frassino avesse ripreso a crescere rigoglioso, il bambino si sarebbe rimesso. 

IL NOCCIUOLO 

Nella tradizione celtica il nocciuolo era l'albero della sapienza. Ancora oggi i suoi frutti, in Inghilterra, vengono considerati simbolo di fertilità. 

IL SALICE

Si narra che i salici, durante la notte, tolgano le radici dalla terra e vaghino per i boschi, borbottando alle spalle dei viaggiatori imprudenti. 

IL SAMBUCO 

Il sambuco in realtà è una strega sottoforma di pianta, motivo per il quale prima di abbattere tale albero ci si dovrebbe pensare due volte. Bruciare i rami di sambuco significa attirare su di sé una disgrazia, poiché i rami portano il diavolo in casa. Bisogna stare attenti a non mettere i bambini nelle culle fatte di legno di sambuco: le fate prenderebbero di mira il bambino riempiendolo di pizzicotti. 

IL SORBO SELVATICO

-"Sorbo selvatico e filo rosso fan correre le streghe a più non posso"-
Questo albero tiene lontane le forze del male. Un tempo molti oggetti venivano costruiti col suo legno proprio per tenere lontane le streghe e le fate maligne. Solo con le fruste di sorbo selvatico si possono domare i cavalli imbizzarriti. I druidi utilizzavano il sorbo selvatico per accendere il fuoco ed invocare gli spiriti della natura, che venivano obbligati a rispondere alle domande sparpagliando bacche di sorbo sulle pelli di tori scuoiati.